Lo sappiamo, ce lo hanno detto più e più volte, i soldi nelle casse dello Stato non ci sono più (ammesso che per la cultura ci siano mai stati!) e alcune delle più importanti opere architettoniche del nostro paese risentono della mancanza di risorse e necessitano di una bella sistemata.
Continuare a denunciare l’inettitudine e l’incuria con cui il sistema pubblico gestisce anche le aree archeologiche più importanti e note a livello mondiale, sembra essere tempo sprecato. E allora, come fare allora per evitare una nuova Domus Gladiatorium?
Qualcosa forse si sta muovendo. Il Concorso internazionale di idee per la valorizzazione del territorio di Pompei, bandito dal Ministro per la Coesione Territoriale, con la collaborazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Comune di Pompei, ha l’intento di avviare la costruzione di possibili azioni di qualificazione e valorizzazione del territorio di Pompei e, sebbene si possa discutere sul merito delle operazioni, sui vantaggi (fiscali, pubblicitari, etc….) per chi si assume l’impegno, sulle modalità, sui modi e sui tempi, alcune delle più grandi Maison hanno deciso di investire nel restauro di celebri opere romane.
Solo per i citare i più famosi:
- il Gruppo Tod’s per il Colosseo
- Fendi per fontana di Trevi e altre 4 fontane
- Swarovski per la fontana del Marforio in Campidoglio
In questo quadro si colloca anche la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del regolamento che integra il quadro normativo della Legge 35/2012 sulle semplificazioni e che individua i criteri per la scelta degli sponsor.
Già nella premessa è esplicito l’intento : “La sponsorizzazione di beni culturali, quale peculiare rapporto di partenariato pubblico-privato che si caratterizza per l’associazione del nome, del marchio, dell’immagine o del prodotto di un’impresa a un bene o a un’iniziativa culturale, suscita crescente interesse sia da parte della pubblica amministrazione, sia da parte degli operatori economici.
La prima rinviene in essa, infatti, una modalità duttile e agevolmente percorribile per il reperimento di risorse, o anche di beni e servizi, da destinare al perseguimento dei propri scopi istituzionali; i secondi dimostrano di ritenere particolarmente appetibile il vantaggio promozionale che può essere tratto dall’accostamento dell’azienda o dei suoi prodotti al prestigioso patrimonio culturale nazionale”.
In pratica, visto l’interesse crescente e l’esposizione mediatica che ne ricava lo sponsor, è bene definire le procedure per regolamentare l’impiego del denaro che i privati intendono destinare al restauro.
Il Regolamento distingue 3 tipologie di sponsorizzazione :
- la sponsorizzazione tecnica, consistente in una forma di partenariato estesa alla progettazione e alla realizzazione di parte o di tutto l’intervento a cura e a spese dello sponsor delle prestazioni richieste
- la sponsorizzazione pura, in cui lo sponsor si impegna unicamente a finanziare, anche mediante accollo, le obbligazioni di pagamento dei corrispettivi dell’appalto dovuti dall’amministrazione;
- la sponsorizzazione mista è una combinazione delle prime due e lo sponsor può, per esempio , curare direttamente e fornire la sola progettazione, limitandosi ad erogare il finanziamento per le lavorazioni previste.
Disciplina anche il tipo di procedimento per l’assegnazione dei lavori: sotto i 40mila euro il contratto di sponsorizzazione può essere stipulato con una procedura più snella, seguendo i principi di legalità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa.
Sopra 40 mila euro invece, lo sponsor deve essere scelto con una procedura concorsuale che, seppur semplificata, deve rispettare i principi di economicità, efficienza, efficacia, imparzialità, parità di trattamento e proporzionalità.
Giusto il presupposto, quello cioè di regolamentare tutto il sistema delle sponsorship a fini culturali e di rendere trasparente il flusso di soldi che arriva nelle casse degli enti pubblici: è indispensabile però, cominciare a percorrere la strada per definire forme e modalità per la gestione da parte dei privati di musei, di aree e parchi archeologici la cui proprietà resti in mano pubblica.
Non si può più aspettare, perché in tempi dove scarseggiano denari pubblici e dove i social network hanno rapidamente acceso il confronto su come fare del turismo ( il gruppo “Noi votiamo per il turismo” conta più di 20mila iscritti) e della cultura il punto cardine della prossima agenda di governo, la risposta non può esaurirsi qui, questo può essere l’incipit, una piccola tessera di un piano più ampio, ma soprattutto più strategico. La tour Eiffel viene riverniciata ogni 7 anni: fare un restauro una tantum non basta.
In questa epoca politica in cui va di moda la parola Europa, è venuto il momento di metterci al pari con gli altri, nel campo in cui, in tempi ahimè ormai lontani, siamo sempre stati i primi.