Era una notte meravigliosa, una notte come forse ce ne possono essere soltanto quando siamo giovani.. Fedor Dostoevskij da Le notti Bianche
Ho trascorso l’estate in un angolo dell’Italia e ho avuto l’impressione di stare a San Pietroburgo -ho contato più di 15 notti bianche- se non fosse che qui il bianco si deve non a quel particolare fenomeno che rende le nottate ricche di luce, ma alle luminose intuizioni delle varie giunte comunali.
Hanno importato una manifestazione parigina dedicata all’arte contemporanea che colloca installazioni di artisti all’aperto e in luoghi poco conosciuti della città e l’hanno reinterpretata in un maccheronico italian style.
Il format è semplice. Un borgo, piccolo o grande non fa differenza, coppe di citronella disseminate a terra per evitare le zanzare – ma fa molto Montecarlo-, chioschi di mojito a 5 euro, banchetti che sfornano crepes alla nutella, venditori di kebab agli angoli, 3 o 4 band di ragazzotti autoctoni che suonano lungo le vie del corso e gli anziani, seduti in strada, ciascuno davanti alla porta finestra di casa, che si gustano la folla.
Un grande struscìo di gente e il gran gonfiarsi di petto degli organizzatori: “quanta gente c’era ieri sera!”
E i negozi? Aperti ovviamente. Certo, perché se qualcuno ha bisogno di un materasso ergonomico e anti acari, quale migliore occasione di una notte di mezza estate per l’acquisto?
Non ci interroghiamo sugli effettivi guadagni delle un’attività che restano aperte di notte, ma c’è veramente chi crede che questo sia il modo per portare i visitatori nei nostri borghi?
E vogliamo parlare delle sagre, feste del cioccolato, del gelato, del mangione, del panino, della pannocchia etc., nate come funghi per tutto il Paese?
Certo un pasto a 5 euro in tempi di magra come questi può fare preferire un posto piuttosto che un altro ma spesso l’invenzione e la creazione dal niente di questi eventi sono delle scorciatoie per catturare visitatori e escursionisti.
Le sagre erano il ringraziamento per l’abbondanza di un prodotto tipico della zona, un momento in cui la comunità forte della sua identità e tradizione stabiliva una relazione coi visitatori anche con l’offerta di cibi locali, le sagre sono parte del nostro patrimonio culturale con una forte connotazione comunitaria.
Oggi tutto è mostruosamente massificato, ogni cosa ha perso di significato e a fatica si riconoscono tratti identitari e simbolici tanto che anche i piccoli spazi abitativi costruiti con mattoni di tufo appoggiati a secco l’uno sull’altro, i camini stretti, gli abiti tradizionali e i piatti tipici, hanno perso la loro forza e unicità. Sono intercambiabili, uno vale l’altro.
Questo modo di fare viene dalle casse vuote, un fare che dimentica che la promozione di un territorio è un’operazione lunga e complessa che parte dall’ascolto dei residenti prima di sbarcar per la promozione sul web, necessita di sforzi di governance e investimenti mirati alle infrastrutture.
Eh si perché non è inusuale decidere di partecipare alla notte bianca più importante della zona e non trovare le indicazioni stradali né reali né virtuali, per arrivarci…
Perciò in tempi di spending review suggeriamo di cancellare tutti gli eventi in programma e di usare i soldi risparmiati per riparare le strade, migliorare la segnaletica, qualificare il personale degli IAT e delle PRO LOCO, migliorare la qualità della destinazione in generale per rendere vivo il territorio e la comunità che lo abita.
Subito dopo però, bisogna valorizzare quello che lo rende unico e diverso oppure, se proprio non si riesce a fare altro, come extrema ratio copiare, ma copiare bene.
Thanks for commenting Alvin. Yeah, there is a huge misconception among the general public about not only what wins games, but how often teams REALLY pass. I’d love to collect run/pass ratios through three quarters of pl1&#y8230;theyRa7;d be very similar to the numbers I’ve found on Dallas, I think.