Dario Franceschini, ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha incontrato il presidente di Google Eric Schmidt. L’incontro, moderato da Luca de Biase, editor di innovazione al Sole 24 Ore e Nova24, si è tenuto il 9 Giugno alla Sapienza.
Molti i temi toccati ma tutti incentrati sul come rendere fruibile il patrimonio culturale del nostro Paese: valorizzazione della cultura contro commercializzazione, analfabetismo digitale contro alto tasso di penetrazione smartphone. Schmidt che ha studiato a Bologna e ricorda l’alluvione di Firenze esordisce con, “e ricordo anche che c’erano più opere d’arte nelle cantine fiorentine che in tutta la Francia e la Germania”.
Quando entra nel merito delle politiche di Google riguardo al patrimonio culturale, quindi anche quello italiano si palesa subito che si tratta di una visione unidirezionale: “La nostra volontà è quella di portare tutto ciò che è visibile online. Tutto ciò che c’è nei musei è visibile online e su mobile?” La domanda, a dire il vero retorica, gli è servita come assist per introdurre un nuovo progetto che Google sta testando in alcune università americane. “Abbiamo un programma per le università top in America, sia chiama Google Art Project. Si possono vedere anche piccoli dettagli delle opere, da ogni parte del mondo, quasi meglio che vederli di persona. Questo è solo per i pezzi migliori. Ma c’è molto di più in arte, in architettura, in Europa. Ci sono due semplici vie per promuovere arte in questo paese, la prima per i migliori pezzi nei musei, la seconda è fare soldi.”
La tecnologia può aiutare l’arte e più in generale il settore culturale, rimane delicata però la logica del mercato dentro la quale Google ha posizionato tutto il settore. Infatti proprio su questo punto il ministro è stato deciso “L’accezione culturale non è protezionismo del proprio cinema e dei propri autori, è chiarire che, nel mondo della globalizzazione e dell’interscambio, in cui crollano le distanze e le frontiere, il settore dell’offerta culturale dev’essere sganciato da criteri di mercato e profitto. Ci può essere un prodotto di grande valore culturale che non ha capacità di essere sul mercato. Ci sono musei dal grande valore scientifico che fanno solo 4000 visitatori l’anno, quindi se fossero sottoposti a logiche di mercato sarebbero chiusi”.
Il Ministro sembra però accettare la sfida lanciata da Big G, aprire l’arte al mercato, ma con le opportune precauzioni e cautele. “E’ una questione che apre a collaborazioni molto positive. In entrambi questi settori le imprese entrano in un terreno molto complicato in cui bisognerebbe riuscire a porre veramente un confine tra ciò che si fa legittimamente per dare un profitto ai professionisti e ciò che è azione filantropica o mecenatismo per l’umanità, togliendolo dalle logiche di profitto.”
Nelle parole del Presidente invece, “i motivi che frenano la fruibilità virtuale del nostro patrimonio, sebbene l’Italia abbia una penetrazione del 100% di smartphone tra la popolazione” sono da ricondurre al digital divide che trova terreno favorevole anche nel sistema dell’istruzione. Dice infatti che “ l’Italia ha un ritardo nel digitale, produce cittadini poco digitalizzati e i siti web italiani non sono all’altezza degli altri”. Perciò ritiene che il problema della fruizione del patrimonio artistico e culturale sia risolvibile con “più artisti online, più copertura digitale e più mobile”.
C’è un aspetto importante richiamato dalle parole del Ministro circa l’opportunità di non dimenticare le peculiarità dei singoli paesi, senza che ciò escluda che “noi magari possiamo imparare il digitale dagli americani ma gli americani possono imparare dai noi storia medievale” .
Sulla cultura poi, Franceschini ha continuato: “Anche il presidente Obama, scherzando, mi ha detto che faccio il mestiere più bello del mondo, e ha ragione perché noi abbiamo qualcosa che non si può copiare. La cultura non è il nostro petrolio perché il petrolio puzza e inquina, la cultura no. È il nostro ossigeno, ma deve staccarsi dalla logica puramente commerciale”.
Inoltre, nel riconoscere che “sebbene l’Italia sia ancora una meta desiderata nella mente dei turisti, il turismo è un settore, anche se sta meglio rispetto ad altri, che ha bisogno del commercio elettronico e, per quanto questo sia un aspetto che ci vede molto più arretrati, il processo di digitalizzazione delle imprese turistiche e l’apporto congiunto delle startup possono creare 250 mila impieghi, questo mantenendo arte e cultura al di fuori delle logiche commerciali”.
Le misure previste dal Decreto Turismo appena arrivato alle camere per la conversione, un decreto che “forse è il primo caso al mondo di incentivi per la digitalizzazione imprese turistiche”, nascono proprio in questa ottica. Molto importante per il futuro del nostro paese è la centralità politica che sembrano aver assunto il turismo e la cultura nell’agire di governo come leve di sviluppo del paese.
Ne sono una prova tangibile l’art bonus e la recente decisione di riconsegnare ai musei tutti gli introiti derivanti dalla biglietteria a cui, secondo le parole del Ministro, seguiranno altre misure.
La spinta verso la digitalizzazione del sistema turistico, dal settore alberghiero alla fruibilità online delle collezioni museali, favorisce l’incontro dell’arte con la tecnologia, che funge anche da facilitatore e attivatore per il coinvolgimento e la partecipazione.
Alcuni esempi esistono già: ad esempio, nella progettazione del Rijsk Studio, il Rijskmuseum di Amsterdam ha scelto di fornire agli utenti tutti gli strumenti che consentano loro di fare delle opere ciò che fanno con Pinterest.