Un articolo del corriere della sera poco tempo fa metteva in risalto il fatto che il turismo tenesse solo grazie alla presenza degli stranieri.
Gli italiani, con le tasche vuote, se ne stanno a casa e rinunciano perfino a quella attività, il turismo, che può essere definita seguendo lo schema dei bisogni di Maslow, un bisogno primario.
Viaggiare come prima per gli italiani è diventato un lusso. Niente più lunghe settimane al mare, niente più settimane bianche. Dell’obsolescenza del prodotto mare se ne parla da anni ormai, ma stavolta la sirena suona anche per il prodotto neve.
Il rapporto stilato dalla JFC sulla scorsa stagione invernale non lascia dubbi. Le strutture ricettive che hanno partecipato al sondaggio, hanno risposto di aver visto dimuinire la domanda interna per il 67% del campione, ma aumentare quella estera 54%.
Oltre a questa dinamica, si registrano importanti inversioni di tendenza:
- l’Economy è il tipo di vacanza preferita, no frills dunque;
- se da una parte c’è una spinta al ribasso delle tariffe, dall’altra c’è una forte tendenza alla personalizzazione dell’offerta, all’ “exclusive”, dove a farla da padroni sono soprattutto i big spender, con i russi (udite, udite) a fare da capofila;
- la classica settimana bianca sta lasciando il posto all’escursionismo: turisti che si spostano day by day, non soggiornano e non influiscono sul fatturato nazionale;
- l’alta stagione rimane sempre l’alta stagione: sempre più affollate sono le destinazioni nei periodi di punta.
Il dato che allarma, però è di nuovo quello di questa estate : il meteo. Gran parte delle persone che hanno prenotato sotto data lo ha fatto perché le previsioni erano favorevoli. Il meteo, di nuovo.
Anche la nostra montagna quindi è in sofferenza: forte stagionalità delle presenze che però calano , dell’11,1 %, giù anche il fatturato -9% nonostante si registri un aumento dei prezzi.
Fino ad oggi, essendo gli ultimi in Europa, economicamente parlando, riusciamo ad essere ancora competitivi rispetto ai più diretti concorrenti nel prodotto neve (Austria, Svizzera, Germania e Francia). Ma il livello di competitività di una destinazione dipende anche dal livello di sviluppo turistico che caratterizza la destinazione nel suo insieme.
Le destinazioni turistiche, alla stregua di qualsiasi altro prodotto, hanno un loro divenire, un vero e proprio ciclo di vita: si parte dalla fase dell’esplorazione per terminare con il declino nel caso in cui non vi sia una re-ingegnerizzazione del prodotto.
E qui sta il fatto.
Chi si occupa del management, dovrebbe tener conto dello stato in cui si trova la destinazione e cercare, attraverso il concerto con i portatori di interessi , di indirizzare le strategie verso politiche di salvaguardia e di regolamentazione dei flussi turistici. Reinventare un prodotto maturo, trovando nuove opportunità di sviluppo e nuovi mercati, vuol dire svincolarsi dalla stagionalità turistica e da tutto quello che ne consegue.
Vuol dire dare l’opportunità ai molti turisti di scegliere la destinazione non solo per la neve, ma anche per la festa del paese, per l’apertura di una mostra o per un evento particolare, nevicata o non nevicata!
Programmare vuol dire tenere conto anche di possibili rovesciamenti delle situazioni: anche perchè,e se da domani diventassimo una bella nazione europea: più tasse, più servizi, più qualità, tenore di vita più alto e prezzi ovviamente più alti. Gli stranieri premierebbero ancora la nostra vecchia montagna?